Gianni Tognoni
en Peuples/Popoli/Peoples/Pueblos N.ro 9 (abril 1987)
1.1- Le istituzioni nate dalla riflessione e dall’esperienza del Tribunale Russell II sull’America Latina e che hanno adottato la Dichiarazione Universale dei Diritti dei Popoli come statuto di riferimento culturale e politico (Fondazione e Lega) devono essere concepite, in linea di principio e di fatto, come espressioni di un unico progetto integrato che ha come oggetto la liberazione e i diritti dei popoli. Esse assumono semplicemente modalità diverse di organizzazione, di presenza, di metodo di lavoro per riflettere le condizioni e i contesti nei quali si trovano, e le esigenze con le quali si confrontano. Il Tribunale Permanente dei Popoli esprime questo progetto, tanto da configurarsi come una istituzione dotata di autonomia e nello stesso tempo complementare delle prime due. Salvo i casi nei quali ciò sarà specificato, il rapporto fa riferimento al progetto complessivo delle tre istituzioni.
Questa precisazione è importante concettualmente perché ripropone la centralità e la priorità del progetto, al di là delle distinzioni e dei parallelismi che si sono sviluppati per ragioni contingenti in questi dieci anni tra le varie istituzioni. (Queste saranno nel rapporto citate, per ragioni di brevità, e per sottolineare la loro partecipazione paritetica nel progetto complessivo, con la sigla F.L.T.).
1.2- È caratteristica fondamentale del sistema FLT quella di configurarsi come una rete: intendendo questa non come un centro che via via ha aggregato o aggrega nodi o membri periferici, ma come una realtà originale, nella quale diversi nodi operativi coordinano la propria originalità verso un progetto comune. Questa concezione del sistema FLT aveva fin dall’inizio avuto il suo riconoscimento nella organizzazione della Lega che riconosceva Leghe nazionali fortemente autonome: ciò era rimasto però largamente formale dato il peso operativo prevalente della Lega italiana.
Questo stesso rapporto “sbilanciato” si era verificato tra la sede centrale, Fondazione, e i punti di riferimento o i gruppi collaborativi decentrati. Si configurano oggi alla luce delle realtà cresciute dentro e all’interno del progetto originale, la possibilità e le necessità di pensare al sistema FLT come una rete effettiva di riflessione e di lavoro.
1.3- Questo passaggio da una concezione centralizzata a una prospettiva di rete ha implicazioni importanti a livello concettuale, istituzionale, organizzativo.
a) Si riconosce e si assume in pieno il fatto di non avere oggi a disposizione una capacità di lettura univoca del mondo, di pensarlo perciò prioritariamente come “sistema di ricerca” e non come “struttura di trasferimento-applicazione” di analisi acquisite. Una ricerca teorico-pratica in un sistema-mondo non univocamente interpretabile e ancor meno influenzabile richiede per definizione una molteplicità di sguardi, una interazione di contributi dotati di forte originalità e autonomia, la capacità di far emergere come protagonisti e non solo come oggetto di interesse i tanti nuovi soggetti.
Una autocoscienza sottolinea l’importanza alla pari di molte problematiche e situazioni, che non possono riflettere solo le opzioni di uno o pochi centri, ma devono poter convivere, svilupparsi, confrontarsi, per un tempo sufficientemente lungo da garantire una rappresentatività effettiva delle differenze e non solo delle concordanze.
Questa autocoscienza teorico-pratica è essenziale soprattutto nella prospettiva di un progetto che pretende di contribuire al superamento, effettivo e non verbale, di un predominio culturale del Nord e dell’Europa.
b) La rete FLT è costituita da tutte quelle realtà che nei diversi paesi svolgono attività di ricerca-sperimentazione (analisi, ascolto, studio, intervento) che mirano a trovare e a creare condizioni di praticabilità del progetto enunciato nella Dichiarazione Universale. Queste realtà sono parte integrante, e non interlocutori occasionali o acquisiti, della rete FLT nella misura in cui adottano tra i propri criteri di lavoro (al di là delle strategie e delle attività che le caratterizzano ognuna nel loro contesto) il riconoscimento della necessità, teorica e pratica, di confrontare e coordinare i diversi sguardi e progetti verso la creazione di una cultura dei popoli non più condannati a vivere in rapporti di dominazione.
c) Le strutture “centrali” del sistema FLT svolgono rispetto alla rete un ruolo di servizio, di comunicazione reciproca, di coordinamento operativo per quanto riguarda iniziative comuni, momenti di sintesi, valutazioni politiche di strategie da adottare. Si prospetta in tal modo una organizzazione basata sullo sviluppo di molte linee di lavoro dotate di un forte autonomia, con programmi orientati a temi e/o aree geografiche del mondo ognuno dei quali si esprime con un proprio protocollo operativo. Questa autonomia va dalla formulazione della linea di lavoro, al suo finanziamento, alla sua gestione complessiva. Gli organi direttivi del sistema FLT sono il luogo e lo strumento per garantire la confluenza e la valorizzazione, all’interno e soprattutto all’esterno del sistema, dei diversi contributi per farne emergere il significato e la direzione complessiva.
La ristrutturazione della Fondazione, che verrà formalizzata entro i primi tre mesi del 1987, e il Congresso della Lega Internazionale, previsto per l’autunno del 1987, provvederanno a dare alle prospettive descritte una traduzione operativa più concreta, con l’identificazione e la caratterizzazione delle diverse realtà che di fatto sono incluse nella rete.
2 – Metodo di lavoro e organizzazione
I dieci anni trascorsi dalla Dichiarazione Universale hanno sempre più messo in evidenza che il sistema-mondo non è disponibile a un progetto che abbia come centro i popoli. La prospettiva stessa di un mondo che riconosce un ruolo protagonista ai popoli è esposta al rischio di essere considerata irrealistica, non praticabile, “inevitabilmente” dipendente dalle esigenze dello sviluppo economico di un “centro” più o meno esteso, rispetto a una periferia caratterizzata da condizioni esternamente diverse, ma ugualmente sostanziali, di dominazione.
Il progetto-rete ha come orizzonte di lavoro un percorso praticabile solo se pensato e pianificato per il lungo periodo, non basato solo su iniziative occasionali, o orientate a una presenza di immagine, o di militanza esemplare, o di mobilitazione occasionale. Perché questa logica sia traducibile in pratica, è necessario che si realizzino alcune condizioni essenziali.
2.1 – Partecipazione reale dei “nodi” al progetto-rete.
La situazione sbilanciata a favore del popolo “italiano” che si è ricordata al punto 1, ha spesso determinato condizioni operative caratterizzate da una forte direttività “centrale”.
Questo dato di fatto è stato indispensabile perché il sistema FLT potesse svolgere le sue attività, data la non-operatività delle strutture decentrate. È prioritaria l’attivazione di iniziative, linee di lavoro, contributi che riflettano l’autonomia dei vari componenti del sistema FLT.
Una “democrazia” sostanziale è necessaria ma possibile solo se molte opzioni e linee di lavoro dotate di autonomia propositiva sono disponibili .
2.2 – Le realtà cresciute nei diversi paesi che si sono integrati nel sistema FLT hanno dimostrato che ciò è possibile, e può assumere forme diverse e congruenti con i diversi contesti: Svezia, Venezuela, USA, Grecia, sono esempi, i più recenti.
Si deve prevedere una circolazione molto più efficiente e diretta, da nodo a nodo, e non solo da una segreteria centrale verso i nodi, di proposte di cooperazione, comunicazioni di progetti operativi, documenti di riflessione, per creare progressivamente una mentalità e prassi di “rete”.
2.3 – Questa crescita di partecipazione è un processo collettivo, non può, per definizione, essere “promosso” da un centro.
Entro il 1987, secondo le scadenze sopra ricordate, deve divenire disponibile per tutti una mappa dei programmi e delle aree d’intervento su cui si opera, con scambio di documenti-dossier, che permettano reciprocamente di conoscersi e di integrare lo sviluppo dei diversi percorsi.
2.4 – La logica di sviluppo di questo scambio interessa tutto il sistema FLT, riconoscendo che un progetto capace di affrontare le sfide di lungo periodo sopra ricordate esige percorsi autonomi rigorosi, ma non è compatibile con cammini paralleli, o che si incrociano solo occasionalmente.
2.5 – Si costituisce a questo scopo un coordinamento “esecutivo” del sistema FLT, così da rispettare anche a livello istituzionale la realtà integrata che si è definita al punto 1 come caratteristica della rete.
2.6 – Una partecipazione reale alla pari è possibile solo se non si mantengono gli sbilanciamenti.
Una sostanziale precarietà economica sarà sempre la regola per un progetto che non obbedisce alle regole del mercato delle opinioni politiche e culturali. È essenziale tuttavia, per tutti, porre come priorità determinante per la viabilità di tutto il progetto la creazione di condizioni di autonomia gestionale dei singoli nodi. Ogni nodo della rete, sia esso costituito da centri-strutture che hanno progetti-programmi propri, sia esso nato e operante direttamente come espressione del progetto FLT, dovrebbe inoltre valutare con tutta serietà le modalità concrete di raccolta di fondi da rendere disponibili per iniziative e programmi che fossero ritenuti collegialmente necessari per lo sviluppo del progetto complessivo.
3 – Ipotesi-proposta di attività sul breve-medio termine
Quanto segue è semplicemente un primo elenco (non completo) di linee di lavoro che sono presenti all’attenzione o in fasi diverse di sviluppo. Non è evidentemente questa la sede per presentarle formalmente o nel dettaglio. I diversi ideatori o responsabili si incaricano di formularle come progetti specifici da far circolare quanto prima con protocolli che siano già un modello applicativo dell’autonomia concettuale e gestionale che si è ricordata nei punti precedenti.
3.1 – Sviluppo della linea “nuovi soggetti”, “nuove forme di democrazia”, che ha avuto la sua espressione organica nelle “giornate” organizzate dalla Fondazione negli ultimi anni.
L’accento sarà sempre più sulla partecipazione attiva, teorica e di coordinamento operativo, di coloro che operano nei luoghi dove la ricerca su questi temi si svolge nel concreto di realtà politiche, sociali, culturali: America Latina, America Centrale, Sud-Est Asiatico, Africa.
3.2 – Coordinamento e potenziamento delle iniziative di studio, solidarietà, interventi istituzionali riguardanti fenomeni di esilio e migrazione che interessano a titolo diverso ma complementare Paesi del Nord e del Sud, in rapporto all’evoluzione dei mercati del lavoro, dei sistemi politici, delle legislazioni nazionali e internazionali.
3.3 – Attivazione di una linea di lavoro “terra”, come traduzione degli articoli della Dichiarazione Universale riguardanti il diritto dei popoli a usufruire delle riserve naturali, di cui il diritto alla terra è espressione prima e determinante. Si prospetta una iniziativa concreta che interessa la situazione brasiliana, la revisione dei processi riguardanti gli assassinii impuniti dei contadini da parte dei latifondisti, e la formulazione del relativo diritto costituzionale dello Stato brasiliano.
3.4 – Attivazione e coordinamento degli studi e delle iniziative che hanno come oggetto il rapporto tra potere militare e potere civile in America Latina e Centrale. Un primo accordo su questa linea di lavoro è stato formulato ad Atene con rappresentanti di Perù, Argentina, Cile, Venezuela, Colombia.
3.5 – Continuazione e potenziamento del lavoro sul debito, con la definizione delle possibilità di un Tribunale (da tenersi in Brasile) che abbia come “oggetto” le politiche del FMI, e un’analisi congiunta delle conseguenze di queste politiche sui paesi africani e latino-americani. La linea di lavoro tende a non concentrarsi sugli aspetti strettamente economici, quanto piuttosto sulle implicazioni di diritto internazionale, e sulla documentazione dell’uso politico dell’economia, anche attraverso un’analisi del linguaggio dell’FMI e del suo ruolo di mascheramento e manipolazione. Sempre in questa linea si configura l’interesse a una attività congiunta FLT (in vista eventualmente di un Tribunale) relativa al ruolo di violazione dei diritti dei popoli svolto dagli accordi economici internazionali.
3.6 – Prosecuzione delle attività che mirano a rendere sempre più evidente la continuità tra movimento per la pace e rapporto Nord-Sud. Questo tema è già molto sviluppato nei programmi della Lega Internazionale e nel documento finale di Atene. Un accento particolare dovrà essere posto sul rapporto tra “violenza” e “movimento di liberazione” (vedi anche, su questo, il punto relativo appena accennato nel documento finale di Atene). Un contatto specifico dovrà essere stabilito con la rete di scienziati americani che si sono opposti allo SDI, a partire dalla Lega USA.
3.7 – Un rapporto specifico sarà messo a disposizione sugli sviluppi delle linee principali di lavoro da tempo attivate dalla Fondazione su Paesi Arabi, Africa, popolo Saharawi (vedi relazione di Linda Bimbi ad Atene), e dal Centro per lo Studio dei Trasferimenti di Tecnologia di Genova.
3.8 – Progetto FLT riguardante le attività da sviluppare come contro-celebrazione del V centenario della “scoperta” dell’America, per farne il punto di aggregazione per una rilettura della concezione del mondo occidentale.
3.9 – Preparazione di un testo di diritto dei popoli da introdurre nell’insegnamento universitario nei Paesi dell’America Latina (a partire da un progetto pilota in Venezuela, e sulla base di uno schema già elaborato a Perugia). La stessa iniziativa potrebbe essere presa per gli stati africani.
3.10 – Appoggio all’iniziativa di un Tribunale sulla povertà negli USA.
3.11 – Un documento ad hoc sarà preparato sul futuro sviluppo del Tribunale, per il quale è prevista una ri-orientazione per farne oltre che uno strumento a disposizione dei popoli che richiedono interventi specifici (esistono già proposte per Portorico e Haiti, oltre che per il popolo curdo), un’attività specifica di ricerca-intervento su temi più generali (vedi sopra, varie proposte e relazione di Atene).
3.12 – Un programma specifico per lo sviluppo della rete FLT deve essere attivato per e nel Sud-Est Asiatico e nel Giappone, a partire dalle realtà là esistenti e seguite finora solo in modo relativamente marginale (accordi preliminari sono stati presi con Oda Makoto).
4 – Gli interlocutori
Il contesto in cui collocare la presenza, il ruolo, le linee di sviluppo della rete FLT è ben riassunto nello scenario proposto nel documento conclusivo di Atene. Il testo di Eduardo Galeano a Perugia ricordando Lelio Basso ne è complemento indispensabile, nella sua capacità di proporre insieme creatività e presenza, memoria di bellezza e dignità, la semplicità di dichiarare ipocrita la storia per essere sufficientemente liberi di ricercare le strategie più adeguate per incontrare i popoli nell’unico luogo dove è possibile un appuntamento con loro, che è la loro storia viva.
In questo contesto, gli interlocutori della rete FLT devono essere ricercati con la stessa priorità al Nord e al Sud. C’è una debolezza-rinuncia alla trasformazione del mondo del Nord che è simmetrica-opposta alla necessità-violenza-impotenza del Sud. È tipico di una rete che lavora su un piano di uguaglianza e di autonomia di tutti i suoi nodi inventare per ogni contesto gli interlocutori privilegiati. Si richiede anche in questo senso un capovolgimento dell’atteggiamento che ha prevalso finora: quello di fare tante raccomandazioni e suggerimenti generali a un centro, per garantire una risonanza effettiva alle iniziative e alle idee del sistema FLT. Il significato e la capacità di impatto di una rete sono il prodotto, da costruire con molta pazienza, di un’azione collettiva di tutti i suoi nodi. I punti che seguono cercano di riassumere le indicazioni generali che sembrano coerenti con queste premesse. È ovvio il rimando al dibattito che è stato molto ricco di proposte e stimoli che hanno ora bisogno di trovare chi li adotti per farne piani operativi concettualmente rigorosi e praticabili in tempi definiti.
4.1 – La logica della presenza FLT in ogni Paese prevede il collegarsi organico con tutto ciò che in quel contesto (nazionale o regionale) già si muove nella prospettiva più o meno esplicita della Dichiarazione Universale. Non si tratta tanto di essere sempre “originali” o “diversi”, quanto di far entrare nello sviluppo delle idee e dei movimenti uno “sguardo” che sia quello dei popoli. Il caso della presenza nel Movimento per la Pace è in questo senso esemplare.
4.2 – Si deve prevedere, soprattutto nei paesi europei, un programma specificamente orientato alla collaborazione con le ONG, attive a livello di cooperazione e in rapporto con gli organismi internazionali, per creare collegamenti non occasionali e un orientamento ai diritti dei popoli di risorse e persone, al Nord come al Sud. Sulla base di quanto già parzialmente sviluppato in alcuni Paesi (Italia, Belgio, Svezia) e discusso ad Atene, si dovrebbe arrivare alla formulazione di strategie comuni e di iniziative concrete.
4.3 – Il rapporto con le forze politiche “ufficiali” è importante, ma dipende strettamente dalla responsabilità diretta dei “nodi” nazionali della rete FLT.
4.4 – Un ulteriore potenziamento della presenza già molto attiva ed efficace nelle sedi delle N.U., soprattutto a Ginevra e da poco tempo anche a New York, deve essere previsto attraverso il consolidamento di un gruppo formale di riferimento a cui rivolgersi quando è necessario formulare pareri per casi emergenti urgenti. Proseguono le procedure per una acquisizione di statuto di ONG all’Unesco e all’Unido. Sono da valutare specificamente iniziative da assumere in rapporto agli attacchi portati soprattutto all’Unesco a partire dall’iniziativa USA.
4.5 – Al di là delle attività permanenti e che seguono le linee di lavoro sopra ricordate, si devono prevedere, sulla base di bisogni emergenti e di programmi strutturati con realismo da parte di chi li propone, campagne complessive e intensive su temi particolarmente rilevanti, tali da produrre mobilitazioni molto importanti, con i collegamenti più opportuni necessari per il tema specifico.
4.6 – Viene proposta la pubblicazione di un “rapporto annuale” sullo stato del diritto dei popoli nel mondo, redatto da un gruppo ad hoc. L’idea è vista come estremamente attraente e di possibile grande impatto pubblico. Un progetto di fattibilità, in quanto a contenuti, logica generale, condizioni di realizzazione, ipotesi di distribuzione e uso sarà presentato alla discussione comune quanto prima.
en: Peuples/Popoli/Peoples/Pueblos N.ro 9 (abril 1987)