Gianni Tognoni
en Léo Matarasso, Seminario del 6 dicembre 2008, Cedetim, Parigi
Avevo detto che mi sarebbe piaciuto ricordare Leo in rapporto con il TPP, che è il contesto nel quale più ho avuto occasione di conoscerlo. Mentre prendevo appunti, nella mia testa, e poi sulla carta, e poi nel riandare per le sessioni alle quali ha preso parte, i ricordi si sono moltiplicati, e affollati: e mi sono accorto quanto Leo – così diverso da me, per carattere e stile, al di là evidentemente delle sue incomparabili esperienze, conoscenze, competenze – e’ stato per me importante, e amico. E quanto ho sentito la sua casa ed il suo studio, su, in alto, dove ci si incontrava (anche condividendo cibi e vini fantastici) erano luoghi miei.
Ricordo questo “esserci” della vita di Leo nel suo lavoro anche perché mi sembra un aspetto essenziale del suo modo di “esserci” nel TPP: una delle espressioni del suo vivere. Lui infinitamente “dietro le quinte” del TPP (mai un incarico, mai una presidenza di sessione…), per essere elemento non-prescindibile dello stile del TPP, del suo linguaggio, del mix di coraggio, eresia, rigore che doveva essere intrinseco in uno strumento che deve appartenere – allo stesso titolo? – a due realtà tanto distinte: la formalità e le regole del diritto, la vita, le domande aperte, il diritto – sempre da fare (e non solo da applicare) dei popoli.
Solo poche note qui per completare il mio contributo nei limiti di un ricordo che è un ringraziamento, e un modo per continuare (a distanza ormai di tanti anni) la sua “lezione”.
– Leo ha partecipato al lavoro del TPP fin dalla prima Sessione, sul popolo Saharaoui; poi con l’Argentina; le sessioni sull’Afghanistan; Timor Est; Zaire; Guatemala, il genocidio del popolo Armeno; Puerto Rico; fino a quello sul Tibet, nel novembre 1992. Lo spettro dei temi è grande, rappresentativo del lavoro complessivo. Di questo programma ricordo soprattutto l’intelligenza, la lucidità politica, la libertà di idee per Afghanistan e popolo Armeno: le opposizioni erano tante. Le riunioni preparatorie (anche per le Sessioni) interminabili. E la “memoria”, oltre che la casa, di Leo ne sono state le protagoniste.
– Voglio risottolineare di Leo lo stile di disponibilità: accettare, se appena poteva, anche l’ultimo minuto, per “integrare” una giuria cui mancava qualcuno. Lui che era il più “anziano”, che veniva da tanto lontano: con la normalità e la puntualità di lavoro di un giovane, di un nuovo membro.
– Non era sempre facile lavorare con Leo. Né nella preparazione delle Sessioni, né nelle fasi di elaborazione delle Sentenze. Teneva duro sul ricondurre quanto più possibile tutto alle “regole” esistenti. Non transigeva nell’uso “eccessivo” delle qualificazioni della responsabilità e dei crimini. Obbligava, con il “suo” stile, a ritornare su testi, testimoni, redazioni. Eppure non rompeva mai il lavoro collegiale. Anzi: quando si trattava di trovare soluzioni, le trovava “in avanti” non indietro. Disponibile sempre – fedele alla sua storia – ad “esserci”: nelle cose di sostanza, e avendo delle storie e delle sue sfide, il senso profondo di un cammino che non e’ mai lineare: ma che deve essere sempre raccontato dalla parte dei popoli. Perché questo racconto si trasformi progressivamente anche nel linguaggio e nelle regole che ne affermeranno i diritti. Intrecciando strettamente il “racconto organizzato” del Tribunale con il racconto che delle stesse cose fa, in modo non-lineare, la storia. Come quando raccontava di tutti gli incontri e dei retroscena della storia “ufficiale” di cui si era trovato ad essere testimone-protagonista.
– Mi sembra, questo stile di “normalità” e di paziente impazienza, nel vivere il rapporto tra storia e diritto, il contributo che rimane di Leo nel cammino del TPP.
en: <strong>Léo Matarasso,
Seminario del 6 dicembre 2008, Cedetim, Parigi
Milano, maggio 2009</strong>