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Debito internazionale e sviluppo

    Verena Graf

    in Peuples/Popoli/Peoples/Pueblos N.ro 7 (novembre 1985)


    “Il debito e lo sviluppo del Terzo Mondo” è stato il tema del convegno organizzato dalla Lega per i diritti dei popoli e da altre ONG (CNCD, ICDA), a Bruxelles, dal 30 maggio al 2 giugno 1985. Pubblichiamo di seguito un contributo sull’argomento .

    I fattori principali della crescita del debito pubblico dei paesi in via di sviluppo sono stati l’aumento dei prezzi del petrolio e dei tassi d’interesse, fattori indipendenti dunque dai paesi debitori. In fin dei conti i paesi poveri del Sud cedono le proprie risorse ai paesi ricchi del Nord per pagare gli interessi. Per un paese del terzo mondo privo di capitali necessari al suo sviluppo, prendere a prestito del denaro è una necessità. La situazione diventa intollerabile quando le quote da rimborsare superano il valore delle esportazioni; il problema del debito nasconde tuttavia altri aspetti della finanza internazionale. In base al rapporto annuale (1984) della Banca dei regolamenti internazionali, la fuga di capitali dei soli paesi latinoamericani è stimata a 50 miliardi di dollari per il periodo 1978-83, un terzo del debito esterno. Questa fuga è particolarmente incoraggiata dalle banche svizzere, che rendono, così, un prezioso servizio ai dittatori, generali corrotti, magnati dell’alta finanza e dell’industria del Terzo mondo, per i quali la migliore assicurazione è l’intoccabile segreto svizzero.
    Par arrivare a una soluzione del problema del debito andrebbero prima di tutto determinate la responsabilità. C’è da chiedersi infatti perché l’alta finanza internazionale ha fatto cosi poco per interessarsi a quali condizioni sono stati concessi dei prestiti a un regime di assassini e speculatori come quello della giunta militare argentina. Ma un’altra questione non meno importante va posta: cosa possiamo fare nei nostri paesi occidentali per impedire che il debito non significhi l’arresto dello sviluppo per le popolazioni del Terzo Mondo?
    Va detto innanzi tutto che è necessario che i paesi debitori si organizzino e si concertino per confrontarsi con i paesi creditori e le istituzioni internazionali. Il gruppo di Cartagena potrebbe significare un primo passo per i paesi dell’America latina. Il problema è politico e la risposta deve essere data su questo piano, ed è al suo interno che le soluzioni “tecniche” devono essere trovate. Quanto ai paesi occidentali, in essi le Organizzazioni non governative (Ong) hanno una grande responsabilità nel condurre un lavoro di base, di sensibilizzazione, di conoscenza presso l’opinione pubblica dei reali meccanismi del debito del Terzo Mondo. Ciò significa in concreto informare, denunciare senza tregua le ingiustizie che il sistema finanziario internazionale produce nei paesi del Sud.
    In un paese come la Svizzera, ad esempio, le Ong potrebbero fare informazione, che del resto è la principale attività di una Ong qualunque sia il suo campo di attività, sulle conseguenze che le popolazioni subiscono a livello della vita quotidiana a causa dell’indebitamento, ma potrebbero fare anche pressione affinché le banche adottino una diversa politica nei confronti del debito, e non si facciano complici dei regimi per i quali raccolgono i fondi.
    Il lavoro di sensibilizzazione dovrebbe essere promosso all’interno dei Pvs stessi in modo che le classi dirigenti non adottino modelli che comportano falsi bisogni e importazioni di beni di lusso. Anche in questo caso le Ong occidentali devono dare il loro appoggio a simili iniziative cercando di ingrandire lo spazio di autonomia e autodeterminazione dei Pvs, di informare l’opinione pubblica su responsabilità e soluzioni, di influenzare in tal modo i poteri politici nazionali e internazionali per favorire un vero nuovo ordine economico.

    Graf, Verena
    in: Peuples/Popoli/Peoples/Pueblos N.ro 7 (novembre 1985)

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