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I diritti dei popoli: dalla nascita alla realizzazione

    Edmond Jouve

    in Peuples/Popoli/Peoples/Pueblos, n.ro 8 (ottobre 1986)

    I diritti dei popoli non sono stati inventati, come talvolta si crede, negli ultimi anni. Il 4 luglio 1776, la Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti d’America sancisce che il popolo è l’attore della propria storia. Il testo afferma che “quando nel corso degli eventi umani diventa necessario che un popolo sciolga i legami politici che lo uniscono a un altro e prenda, tra le potenze della terra, il posto separato e uguale a cui le leggi della natura e del Dio della natura gli danno diritto, Il rispetto dovuto all’opinione degli uomini lo obbliga a dichiarare le cause che determinano la sua separazione”: è la proclamazione di quello che in seguito sarà chiamato diritto all’autodeterminazione esterna e che è stato espressamente sancito nella Dichiarazione sulla concessione dell’indipendenza ai Paesi e ai popoli coloniali del 14 dicembre 1960.
    In Francia, i diritti del popolo germoglieranno nel terreno rivoluzionario. In sostanza, l’accento è posto sulla libertà e sulla sovranità del popolo. La Costituzione giacobina del 24 giugno 1793 stabilisce addirittura, all’articolo 35, che “quando il governo viola i diritti del popolo, l’insurrezione è, per il popolo e per ciascuna parte del popolo, il più sacro dei diritti e il più indispensabile dei doveri”. L’Abbé Grégoire, nel suo progetto di Dichiarazione dei diritti dei popoli (4 Floréal Anno II), enunciava il principio – che non ha perso nulla della sua attualità – che “qualunque sia il numero degli individui che li compongono e l’estensione del territorio che occupano, i popoli sono rispettivamente indipendenti e sovrani”.
    Queste idee ebbero un tale successo che la rivoluzione francese del 1848 portò a un’esplosione di nazionalità, che a sua volta portò a quella che fu chiamata la “primavera dei popoli”. Qualche anno dopo, Marx rese popolare l’idea che un popolo che opprime altri popoli non può essere libero. La Rivoluzione russa è andata oltre. Il 2 novembre 1917, il Soviet dei commissari del popolo adottò una Dichiarazione dei popoli della Russia, che stabiliva i diritti dei popoli della Russia: uguaglianza e sovranità, diritto all’autodeterminazione e libero sviluppo delle minoranze nazionali e dei gruppi etnici.
    I due conflitti mondiali hanno riportato in primo piano i diritti dei popoli. Tuttavia, il diritto dei popoli all’autodeterminazione non è stato sancito dal Patto della Società delle Nazioni. Non si può dire lo stesso della Carta delle Nazioni Unite, il cui preambolo si apre con le parole: “Noi popoli delle Nazioni Unite…”. Secondo l’articolo 1, l’ONU ha la missione di “sviluppare relazioni amichevoli tra le nazioni basate sul rispetto del principio dell’uguaglianza dei diritti e dell’autodeterminazione dei popoli”. La Carta, tuttavia, non ha tratto tutte le conseguenze da queste disposizioni. Successivamente, una legge di decolonizzazione, frutto della prassi delle Nazioni Unite, completerà questo testo. Permetterà lo sviluppo dei diritti dei popoli.
    La sovranità sarà considerata il primo di questi diritti. Nella risoluzione 637 (VII) del 16 dicembre 1952, l’ONU ritiene addirittura che il diritto dei popoli e delle nazioni all’autodeterminazione sia “una condizione preliminare per il godimento di tutti i diritti umani fondamentali”. Da allora, questo requisito è stato costantemente riaffermato. Questo approfondimento è andato di pari passo con un certo allargamento. Sono nati altri diritti: quelli che sono stati chiamati diritti di “terza generazione” o diritti di solidarietà. A questi diritti è stato dato il giusto spazio, in particolare nella Dichiarazione universale dei diritti dei popoli, che afferma (articolo 12): “I diritti economici… devono essere esercitati in uno spirito di solidarietà tra i popoli del mondo e nel rispetto dei loro rispettivi interessi”, e (articolo 18): “Tutti i popoli devono tener conto della necessità di coordinare le esigenze del loro sviluppo economico con quelle della solidarietà tra tutti i popoli del mondo”. Più tardi, nel 1981, la stessa Carta africana dei diritti dell’uomo e dei popoli ha fatto eco a questo principio. L’articolo 29 recita: “Il principio di solidarietà e di relazioni amichevoli, implicitamente affermato dalla Carta delle Nazioni Unite e riaffermato dall’Organizzazione dell’Unità Africana, regola le relazioni tra gli Stati.
    I diritti dei popoli oggi sembrano quindi essere imperniati sulle nozioni di sovranità e solidarietà. L’articolo 1 dei Patti adottati dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 16 dicembre 1966 recita: “Tutti i popoli hanno il diritto all’autodeterminazione. In virtù di tale diritto, essi determinano liberamente il proprio status politico e perseguono liberamente il proprio sviluppo economico, sociale e culturale. Pertanto, il principio di autodeterminazione permea i diritti dei popoli. È il perno dei diritti collettivi. Essa rende i popoli titolari di diritti politici (il diritto di determinare liberamente il proprio status internazionale e il proprio status politico interno), diritti economici (essenzialmente, il diritto dei popoli di disporre liberamente delle proprie ricchezze e risorse naturali), diritti culturali e diritti sociali.
    Per quanto importanti siano i diritti che equivalgono alla sovranità dei popoli, essi non costituiscono la totalità dei diritti dei popoli. Un’altra componente è rappresentata dai diritti di solidarietà. Essi consentono ai popoli di rivendicare, in particolare, i diritti allo sviluppo, alla pace, alla sicurezza, alla comunicazione e a un ambiente sano.
    I diritti dei popoli sono quindi antichi e diversi. Uno dei meriti della Dichiarazione universale dei diritti dei popoli, adottata ad Algeri nel 1976, è stato quello di riunirli in un unico testo solenne.

    Jouve, Edmond
    in: Peuples/Popoli/Peoples/Pueblos, n.ro 8 (ottobre 1986)

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