Lucien Bonnafé
in Hommage à Léo Matarasso, Séminaire sur le droit des peuples, Cahier réalisé par CEDETIM-LIDLP-CEDIDELP, Février 1999
Léo, al di là della sua posizione di iniziatore, ha svolto un ruolo di guida di inesauribile fertilità. Per me, era un eccellente collegamento con la mia posizione di mediatore del gruppo di Tolosa (noto come il movimento K.O. o Trapèze volant) e il lavoro più fertile a Parigi. Lì, il suo inserimento è stato folgorante. Fu grazie a lui, e con lui quando i suoi impegni lo permettevano (infatti lavorava molto), che potei arricchirmi di contatti nel mondo surrealista parigino: laboratori di pittori, scultori e fotografi, come quello di Man Ray, rue Campagne Première, dove incontrai René Crevel, l’interlocutore più illuminante del nostro movimento.
E il mondo del cinema! Perché il nostro avanguardismo culturale mi ha messo in una posizione centrale in quell’innovazione che era il Cineclub di Tolosa, da qui i numerosi viaggi a Parigi, come ricercatore e portatore di tesori cinematografici, e la mia gratitudine a Léo per il suo inesauribile sostegno come consigliere, così come la sua ospitalità, che mi ha permesso di sentirmi a casa mia stando presso di lui a Parigi.
Dire che IO gli devo molto è troppo poco, quando sarebbe più esatto dire NOI per tradurre il suo ruolo di scout, tra la “nostra gente”, tra gli amici e intorno a loro.
In questa traiettoria si verificano i momenti più brutali.
Quando le circostanze mi fanno diventare medico-direttore dell’ospedale psichiatrico di Saint-Alban, in Lozère, quando Jacques viene a rifugiarsi da me, Léo è a due passi, ad Aurillac. Mi diverte, avendo abbandonato il mio pseudonimo parigino di Julien, trovare Léo che opera sotto il nome di “Sorel”.
Questi cameratismi divennero molto produttivi quando Eluard, dopo aver pubblicato “Poesia e verità 42” con il proprio nome, e moltiplicato le sue attività di Resistenza, raggiunse il livello in cui la poesia doveva diventare clandestina.
I signori Grindel, avendo scelto come “nascondiglio” di vivere presso il medico dei pazzi in Lozère, è grazie al nostro fedele Léo, nel Cantal, che siamo entrati in contatto con lui insieme al responsabile della Resistenza René Amarger, tipografo a Saint-Flour. Da qui l’intensa produzione della “Biblioteca francese”, dopo la prima edizione clandestina, che fu “Le musée Grévin” di François la Colère (Aragon).
Ricordo la conversazione a casa mia, durante la quale Léo propose una tiratura su carta speciale, di copie numerate (“Exemplaires de tête”, come le chiamava Lucien Scheler) destinate a onorare i contributi finanziari dei bibliofili della Resistenza. E il ricordo di questa grande responsabilità, la ricerca della carta giusta, il collegamento con lo stampatore, è per me “molto Léo”. È proprio lui che i proprietari delle copie di lusso delle “sette poesie d’amore in guerra” dovrebbero ringraziare, perché ne è il principale promotore.
Ho sottolineato i nostri legami in questi tempi brutali perché, per me, dicono ancora di più delle solidarietà della gioventù e delle sue grandi scoperte e virtù rivoluzionarie. Dico “rivoluzionario” perché, in un mondo che parla come vive, e sente e manipola la “rivoluzione” a livello dei suoi mezzi intellettuali, è meglio che gli esseri umani, appassionatamente impegnati a resistere al disumano, non si lascino contaminare dal peggioramento dell’idea di “rivoluzione” corrente, e non rinuncino alla loro resistenza al disumano.
Léo, invece, non si è mai arreso da questa resistenza.
Non è l’ultimo dei suoi meriti essere stato, intorno a lui, una grande fonte di resistenza alla peggiore disumanità, il razzismo.
Bonnafé, Lucien